È diventato uno dei momenti televisivi più discussi delle ultime settimane. Durante una puntata incandescente, Paolo Del Debbio ha fermato Karima Moual con un gesto deciso, accusandola apertamente di indignarsi “solo quando parla la destra”. Una scena che ha acceso il dibattito pubblico e che continua a rimbalzare sui social, accompagnata da parole come ipocrisia, doppia morale e pensiero dominante.
Il conduttore, noto per il suo stile diretto ma sempre argomentato, ha puntato il dito contro ciò che definisce un “sistema mediatico selettivo”, pronto a stigmatizzare alcune opinioni e a ignorarne altre, a seconda dell’orientamento di chi le esprime. Un’accusa che ha colpito nel segno e che ha trovato un pubblico insolitamente unanime: lo studio è esploso in un applauso che pochi si aspettavano.
Lo scontro: un momento che spacca in due l’opinione pubblica
La discussione è nata da un commento di Karima Moual, giornalista spesso presente nei talk politici, che criticava con forza una posizione della destra italiana. Un punto di vista legittimo, ma che – secondo Del Debbio – rientrerebbe in un copione mediatico ormai prevedibile: indignazione selettiva, tolleranza variabile, durezza solo verso una parte dello spettro politico.

È a questo punto che il conduttore ha deciso di intervenire. “Mi scusi, Karima, ma non può indignarsi solo quando parla la destra”, ha dichiarato. La frase, immediata e tagliente, ha congelato lo studio per qualche secondo. Poi l’applauso.
La denuncia del conduttore: la “censura del ridicolo”
Del Debbio ha poi ampliato il discorso, parlando di una vera e propria strategia culturale: “la censura del ridicolo”. Secondo lui, molti esponenti politici e intellettuali vengono delegittimati non con argomenti, ma attraverso il sarcasmo, la derisione, il disprezzo social-mediatico.
Una pratica che avrebbe un unico scopo: silenziare chi non si allinea al “pensiero dominante” e impedire un confronto reale sulle idee. Del Debbio ha sottolineato come questo meccanismo funzioni sempre nella stessa direzione: il ridicolo colpisce la destra, mentre la sinistra viene protetta o giustificata.
Parole forti, che però hanno trovato eco in un pubblico sempre più sensibile al tema del pluralismo informativo.

Merkel, Sarkozy, Macron: la doppia morale messa a nudo
Per rafforzare la sua tesi, Del Debbio ha citato alcuni esempi internazionali: Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Emmanuel Macron. Leader che, pur non appartenendo alla destra italiana, hanno adottato in passato politiche ferme su temi come immigrazione, sicurezza e ordine pubblico.
Il conduttore ha evidenziato come tali posizioni non abbiano suscitato analoghe ondate di indignazione mediatica in Italia. Anzi, spesso sono state accolte con comprensione o spiegate come “necessità politiche”.
“Se quelle stesse frasi fossero state pronunciate da un leader della destra italiana”, ha osservato Del Debbio, “oggi staremmo parlando di scandalo nazionale”.
Una riflessione che ha alimentato ulteriormente il dibattito, mettendo in luce un nodo delicatissimo: la percezione – crescente in molti cittadini – che l’informazione utilizzi due pesi e due misure.
Lo studio esplode: un applauso che diventa notizia
Il momento più inatteso della serata è stato proprio la reazione del pubblico in studio. Un applauso lungo, compatto, quasi liberatorio. Non un gesto politico, ma la manifestazione spontanea di un sentimento diffuso: la richiesta di onestà intellettuale, di coerenza, di un terreno di confronto meno ideologico e più autentico.

La scena ha immediatamente fatto il giro dei social, diventando virale e generando decine di migliaia di commenti, tra chi applaude Del Debbio e chi lo accusa di aver “spettacolarizzato” la polemica.
Conclusione: uno scontro destinato a far parlare a lungo
La discussione tra Del Debbio e Moual non è solo un episodio televisivo. È la fotografia di un clima culturale teso, di una frattura profonda nel modo in cui si racconta la politica.
Il conduttore, con il suo intervento, ha acceso un faro su un tema che molti evitano: il rapporto fra media, ideologia e libertà di parola. E, che si sia d’accordo o meno con lui, una cosa è certa: l’Italia continuerà a discuterne ancora a lungo.