Nel panorama culturale e politico italiano del primo Duemila, pochi nomi hanno avuto un impatto forte e controverso come Oriana Fallaci. La giornalista e scrittrice fiorentina, nota per il suo stile diretto e per la sua visione disincantata dell’Occidente, è stata spesso al centro di polemiche per le sue posizioni dure sul rapporto tra Europa e radicalismo. Tra i tanti episodi che alimentano ancora oggi dibattiti e interpretazioni, circola da anni il racconto di una lettera rivolta a Romano Prodi nel 2003, una missiva mai confermata da fonti ufficiali ma che, nella narrazione pubblica, viene descritta come così scomoda da essere “cancellata” dal dibattito nazionale.
Un’Europa fragile secondo la Fallaci
Nel contesto del 2003, l’Europa affrontava un periodo di profonde trasformazioni: l’allargamento verso Est, le tensioni globali dopo l’11 settembre, il dibattito sull’identità culturale del continente. È proprio in questo clima che la presunta lettera della Fallaci a Prodi viene collocata da alcuni commentatori. Il contenuto – secondo le ricostruzioni – sarebbe stato un duro atto d’accusa contro una Europa ritenuta debole, incapace di comprendere il pericolo del radicalismo e troppo lenta nel difendere i valori fondativi dell’Occidente.

La Fallaci, che in quegli anni aveva già pubblicato testi dal tono critico e allarmato, avrebbe usato parole di fuoco per richiamare l’attenzione sull’importanza di salvaguardare la libertà, la laicità e la responsabilità politica. L’idea alla base del racconto è che la scrittrice vedesse nell’Europa del tempo una sorta di gigante gentile ma imprudente, pronto a sacrificare identità e sicurezza in nome di un dialogo percepito come ingenuo.
Il ruolo di Romano Prodi nel dibattito europeo
Romano Prodi, all’epoca Presidente della Commissione Europea, rappresentava una visione opposta: un’Europa integrata, dialogante, aperta al confronto e alla costruzione di una grande comunità politica. La distanza tra queste due visioni – quella di un’Europa pluralista e quella di un’Europa che deve difendere con forza la propria identità – alimenta ancora oggi discussioni intense.
L’idea di una lettera mai resa pubblica simboleggia, nella narrativa contemporanea, lo scontro tra due modi di concepire il futuro del continente: uno basato sull’apertura e la cooperazione, l’altro sulla difesa dei confini culturali ed etici.

Perché questa storia affascina ancora
A vent’anni di distanza, il mito della “lettera scomparsa” continua a riemergere nei dibattiti politici e sui social. Non perché vi siano prove della sua esistenza, ma perché rappresenta perfettamente il conflitto tra paure e speranze, tra visione critica e fiducia nel progetto europeo. In un mondo segnato da nuove tensioni geopolitiche, flussi migratori e conflitti identitari, il pensiero della Fallaci – nel bene e nel male – viene spesso riesaminato.
La sua figura rimane un simbolo di dissenso radicale, di voce fuori dal coro, di denuncia contro quello che percepiva come un pericolo imminente. Allo stesso tempo, il ruolo delle istituzioni europee continua a essere oggetto di analisi e discussioni accese, rendendo questo tema sempre attuale.
Conclusione: realtà o metafora?
La lettera a Prodi probabilmente non è mai esistita nei termini in cui viene raccontata. Ma la sua storia funziona come metafora potente di un’epoca, di un conflitto culturale e politico che non si è mai davvero chiuso. Nel 2025, così come nel 2003, l’Europa continua a interrogarsi su quale identità vuole difendere e quale futuro intende costruire.