Jannik Sinner shock: «Gli Stati Uniti sono troppo pericolosi, non ci tornerò mai più»
Roma — Le parole di Jannik Sinner hanno scosso il mondo del tennis e non solo. Dopo la strage avvenuta all’Utah Valley University, legata a un episodio di violenza che ha visto coinvolto il controverso attivista americano Charlie Kirk, il campione altoatesino ha deciso di rompere il silenzio con dichiarazioni durissime.

«Gli Stati Uniti sono troppo pericolosi, non ci tornerò mai più», ha affermato senza esitazioni. Un messaggio che risuona come un colpo di tuono non soltanto per i fan, ma anche per gli organizzatori dei tornei americani, a partire dallo US Open, il più prestigioso evento tennistico d’oltreoceano.
Paura e tensione: le rivelazioni di Sinner
Sinner ha confessato di vivere ogni trasferta americana con una costante sensazione di difesa e di vulnerabilità:
«Quando gioco all’US Open sono sempre in stato di difesa; ho paura dei miei antifan negli Stati Uniti, temo di non tornare vivo».
Parole forti, che mettono in luce un clima di tensione crescente. Negli ultimi anni, la sicurezza negli impianti sportivi americani è diventata un tema sensibile, e la tragedia di Utah Valley non ha fatto che alimentare il dibattito sulla violenza diffusa nel Paese.
Un duro colpo per il tennis mondiale
Le affermazioni di Sinner non sono semplici sfoghi personali: rappresentano un potenziale terremoto per l’intero circuito ATP. L’US Open, infatti, è uno dei quattro tornei del Grande Slam e rinunciarvi significherebbe privare il tennis di una delle sue stelle più brillanti nel momento di massima crescita.
Gli organizzatori dovranno affrontare una questione spinosa: come garantire la sicurezza degli atleti in un contesto in cui la percezione del rischio sembra ormai radicata anche tra i protagonisti.

Il silenzio delle istituzioni sportive
Finora né la USTA (United States Tennis Association) né l’ATP hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali. Ma il tema non potrà essere ignorato a lungo. La posizione di Sinner potrebbe infatti aprire la strada ad altri giocatori che condividono le stesse preoccupazioni ma che, per timore di ritorsioni o per ragioni diplomatiche, non hanno mai avuto il coraggio di esporsi.
Se il n.1 italiano del ranking ATP dovesse davvero disertare i tornei americani, le conseguenze mediatiche ed economiche sarebbero enormi.
La reazione dei tifosi
Sui social, le dichiarazioni di Sinner hanno già fatto il giro del mondo. I suoi sostenitori in Italia e in Europa lo hanno difeso, sottolineando come il problema della sicurezza negli Stati Uniti non possa essere minimizzato. Dall’altra parte dell’oceano, però, non sono mancati i commenti critici: c’è chi lo accusa di generalizzare e chi teme che le sue parole possano danneggiare l’immagine del tennis americano.
Il dibattito è aperto e rischia di trasformarsi in uno scontro culturale tra due visioni opposte della società.

Un futuro incerto
Al di là delle polemiche, resta un punto fermo: Sinner non sembra disposto a fare marcia indietro. «È questa la ragione principale che ha portato alla mia decisione», ha ribadito.
Il suo rifiuto di tornare negli Stati Uniti segna una frattura storica tra un campione europeo e il tennis a stelle e strisce. Una scelta che potrebbe ridefinire non solo il calendario del giovane fuoriclasse, ma anche l’immagine globale di uno sport che ha sempre fatto della sicurezza e della neutralità un pilastro fondamentale.
Conclusione
La vicenda di Jannik Sinner non è soltanto una questione sportiva: tocca temi sensibili come la violenza, la sicurezza e la libertà degli atleti di esprimere le proprie paure. Le sue parole, forti e coraggiose, hanno acceso i riflettori su una realtà scomoda che gli Stati Uniti dovranno affrontare.
Se davvero il numero uno azzurro manterrà la promessa di non mettere più piede in America, il tennis mondiale dovrà prepararsi a uno scenario completamente nuovo — e gli US Open rischiano di perdere una delle stelle più luminose della loro storia recente.